1996 - Esame chimico fisico delle urine
Estratto di una lezione al corso di didattica integrativa al
C.L. in Tecniche di Laboratorio Medico
per Tecnici di Laboratorio
Torino - 1996
URINA:
L'urina è una soluzione a composizione complessa, espressione dell'intervento del rene nell'omeostasi idroelettrolitica ed acido-base, e nell'allontanamento di prodotti terminali del metabolismo e di sostanze esogene.
Tecniche d'indagine, tradizionali e moderne, alcune delle quali molto sofisticate, hanno permesso di identificare una serie quanto mai ampia di suoi componenti, fisiologici, patologici o soltanto occasionali.
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ESAME URINE:
Ad alcuni di questi viene fatto riferimento in numerosi procedimenti diagnostici, in primo luogo nel cosiddetto esame standard delle urine, che determina le caratteristiche fisiche principali (colore, pH, densità), ricerca alcune componenti (proteine, emoglobina, glucosio, corpi chetonici, etc.) e registra la presenza di elementi figurati, in quantità anormali o con significato di per sé patologico.
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Fondamentale è l'attenta considerazione delle condizioni del paziente all'atto della raccolta e nelle ore precedenti, e le modalità con le quali il campione di urine è raccolto, conservato, inviato al laboratorio ed esaminato.
In generale, l'esame standard delle urine è eseguito sulla prima minzione del mattino, appena il paziente si è alzato, dopo una notte tranquilla, preceduto da una buona toeletta dei genitali e con eliminazione del primo getto di urina.
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L'eliminazione del primo getto di urina può impedire tuttavia di mettere in evidenza i reperti anormali in corso di uretrite, facilmente accertabili invece con la raccolta separata anche del primo getto.
Il giorno precedente l'esame non debbono essere eseguiti esercizi fisici violenti e prolungati, e l'alimentazione deve essere quella abituale.
Se si tratta di una donna è opportuno che essa non sia in prossimità del periodo mestruale.
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L'esecuzione del test sulle prime urine del mattino - il cui pH è anche abitualmente il più basso riscontrabile nella giornata - ne sfrutta di norma la fisiologica maggior concentrazione nel periodo notturno, ed agevola l'eventuale ritrovamento di elementi figurati e di proteine.
L'eliminazione delle emazie nelle urine può aumentare dopo sforzo; altrettanto può avvenire per la proteinuria: per questo motivo, nei controlli di routine, si sconsiglia di eseguire l'esame in queste circostanze, e specialmente dopo attività fisica intensa.
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La ricerca della proteinuria ortostatica ed il suo studio costituiscono un altro esempio di raccolta in condizioni accuratamente determinate. Tranne che nei soggetti con proteinuria ortostatica, la normale deambulazione non modifica invece in maniera importante la proteinuria, e non inficia quindi esami eseguiti a caso, su urine emesse nel corso della giornata.
Anche altre condizioni, come l’ipertermia o uno sforzo fisico intenso, possono modificare i risultati dell'esame delle urine, rendendo apparentemente patologici i reperti di soggetti sani, o accentuando eventuali caratteri patologici.
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E' bene che venga segnalata l'eventuale concomitanza di processi infettivi e/o l'assunzione di farmaci.
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In alcuni tipi di glomerulonefrite è frequente che un'infezione intercorrente provochi un aumento della proteinuria e/o una accentuazione dei caratteri patologici del sedimento.
In soggetti con una microematuria isolata e modesta, questa eventualità può essere sfruttata a fini diagnostici, eseguendo l'esame in maniera mirata, durante episodi infettivi intercorrenti anche banali, per ricercare la comparsa di un'eventuale cilindruria ematica, e/o un peggioramento della microematuria, specie se con elementi mal conservati (emazie glomerulari).
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E' anche buona regola far eseguire un controllo delle urine in presenza di episodi febbrili in pazienti che si trovino in recente remissione da una sindrome nefrosica da glomerulonefrite a lesioni minime, data la possibilità che essi possano presentare una ricomparsa della proteinuria.
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Nella ricerca della batteriuria, per il ritrovamento di una carica significativa di batteri, a fresco come nel conteggio, è indispensabile che tra la minzione della raccolta e quella precedente vi sia stato un intervallo di almeno tre-quattro ore o, meglio ancora, della durata del riposo notturno.
L'elevata carica batterica è in effetti dovuta alla moltiplicazione dei germi nelle urine, che si verifica in maniera esponenziale durante la loro permanenza per un periodo sufficientemente prolungato nel tratto urinario (in assenza di idronefrosi ciò avviene in genere nella vescica).
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Una ricerca di batteri su urine ottenute dopo un intervallo troppo breve dalla minzione precedente può pertanto dare risultati falsamente negativi.
La prolungata conservazione del campione a temperatura ambiente è invece una frequente causa di falsi positivi.
Salvo necessità, dovrebbe essere stata sospesa da alcuni giorni la somministrazione di antibiotici o chemioterapici.
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Tra i farmaci che possono modificare i risultati dell'esame delle urine, i diuretici possono interferire indirettamente diluendo le urine, causando difficoltà nell'identificazione di reperti patologici ed una distruzione accelerata di elementi figurati.
Inoltre deve essere tenuta presente la possibile interferenza diretta di alcuni medicamenti (ad es. acido ascorbico e trimethoprim) con i comuni test chimici che utilizzano reattivi su striscia.
La cristalluria da farmaci è un fenomeno frequente, non di rado di difficile attribuzione.
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Noti, e generalmente evitati, sono alcuni tipi di contaminazione del campione da esaminare, con proteine ed elementi cellulari di varia origine: i più comuni sono quelli che si hanno per perdite vaginali, presenza di fimosi, o dopo rapporti sessuali.
Tra le attenzioni che si devono porre per ottenere una corretta raccolta delle urine, la pulizia dei genitali è indispensabile; i detergenti possono esplicare un'azione battericida o interferire con l'esame chimico e dovrebbero quindi essere evitati, o accuratamente allontanati con il lavaggio.
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Una pulizia non sufficientemente accurata di eventuali contenitori di recupero può causare errori di rilievo: i più comuni derivano dalla presenza di glucosio, in bottigliette che avevano contenuto succhi di frutta, sciroppi o marmellate, o di residui oleosi nei contenitori in cui erano stati conservati cibi sott'olio.
Tracce di ipoclorito o di altri ossidanti interferiscono nella ricerca del glucosio e dell'emoglobina, e possono alterare gli elementi cellulari.
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Ciò rende preferibile l'impiego di contenitori appositi, oggi ottenibili in farmacia anche in confezioni sterili.
Elementi troppo spesso trascurati sono infine le modalità di conservazione del campione ed il tempo intercorrente tra la minzione e l'esame.
Gli elementi figurati tendono a scomparire durante la conservazione.
Non solo le emazie e i cilindri, ma anche i leucociti possono andare rapidamente incontro a lisi: in urine diluite e con pH alcalino, il numero di questi ultimi può ridursi in poche ore anche del 90 %.
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Taluni conservanti delle urine possono alterare i risultati dei test.
Nessun conservante impedisce la degradazione di chetoni, bilirubina e urobilinogeno.
Eventuali microrganismi contaminanti possono alterare i risultati dei test glucosio, pH e sangue.
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Nella routine, l'esame dovrebbe essere eseguito entro un'ora dalla minzione.
Quando ciò non sia possibile, le urine, o la provetta contenente sul fondo il sedimento, dovrebbero essere conservate a 4 - 8°, ed esaminate dopo che sono ritornate a temperatura ambiente.
Il raffreddamento può tuttavia causare una precipitazione non sempre reversibile di sali, talora di entità tale da ostacolare la lettura del sedimento.
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La diminuzione di temperatura favorisce la formazione di cristalli, il cui riscontro negli esami di routine non ha pertanto, in genere, valore semeiotico, con l'eccezione dei cristalli di cistina, che hanno sempre significato patologico.
Per lo studio della cristalluria, l'esame deve invece essere eseguito immediatamente dopo la minzione, con centrifugazione a 37° e possibilmente con lettura su tavolino riscaldato.
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Tenere in conto tutti questi fattori indubbiamente complica le istruzioni, e rende più difficili i rapporti tra paziente, laboratorio e medico.
Un impegno a standardizzare anche i momenti preparatori all'esame é tuttavia indispensabile per evitare errori preanalitici che possono inficiare analisi effettuate con tecnica corretta.
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VOLUME:
un adulto sano, non sottoposto a restrizioni o ad apporto idrico forzato, elimina tra 600 e 1600 ml di urina /24 ore.
In riferimento al volume giornaliero di urine, si definiscono le seguenti condizioni:
anuria: cessazione dell'eliminazione di urina
oliguria: volume inferiore a 500-600 ml/24 ore
poliuria: volume superiore a 2 litri
nicturia: eliminazione nella notte di un volume superiore a 500 ml, con alterazione del rapporto giorno/notte (normalmente 4/1).
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ASPETTO :
le urine del soggetto sano sono abitualmente limpide.
In condizioni di buona salute la comparsa di urine torbide è in genere espressione di un'elevata concentrazione di sali, la cui precipitazione è peraltro legata soprattutto alle modificazioni di pH e di temperatura dopo la minzione.
Muco, cellule di sfaldamento, leucociti, emazie possono far assumere un aspetto torbido al campione.
Un'apparenza lattescente è caratteristica delle chilurie.
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COLORE:
Il colore, generalmente giallo, con intensità legata fondamentalmente allo stato di idratazione, è in gran parte dovuto alla presenza di urocromo, e di piccole quantità di urobilina e di uroeritrina.
Alcuni alimenti (ad es. le barbabietole) e alcune sostanze chimiche determinano modificazioni della colorazione delle urine .
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Incolore o giallo tenue (urina molto diluita)
Giallo paglia
Giallo (fisiologico: urocromo, uroeritrina)
Giallo oro
Giallo scuro (bilirubina, chinino)
Giallo verde (bilirubina, biliverdina, resorcina, naftolo, sololo, arbutina, acido salicilico, pirocatechina, creosoto, intossicazione da ac. fenico o sulfamidici)
Rosso (emoglobina, metaemoglobina, emazie, mioglobina, porfirina, difenilidantoina, fenatiazina, piramidone, rabarbaro, senna, cascara, fenolftalcina, eosina, fucsina, rifarnpicina, antipirina, alcuni antireumatici)
Verde blu (amitriptilina, blu di metilene, azzurro indaco, triamterene, tifo addominale)
Bruno nero (emoglobina, porfirina, metaemoglobina, melanina, ittero, alcaptonuria, ac. fenico, clorato di potassio, indacano)
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CAUSE DI COLORAZIONE DELL’URINA CHE POSSONO INDURRE IN ERRATO SOSPETTO DI EMATURIA
giallo scuro (bilirubina, biliverdina, chinino, resorcina, naftolo, sololo, arbutina, ac. salicilico, pirocatechina, creosoto, intossicazione da ac.fenico o sulfamidici)
rosso (emoglobina, mioglobina, metemoglobina, porfirina, senna, difenilidantoina, fenatiazina, piramidone, barbabietole, rabarbaro, cascara, fenolftaleina, eosina, fucsina, rifampicina, antipirina, alcuni antireumatici)
bruno nero (melanina, porfirina, metaemoglobina, alcaptonuria, ac. fenico, ittero, clorato di potassio, indacano)
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ODORE:
Sui generis
Ammoniacale (batteriuria ureolitica)
Solforato (piuria da E. coli)
Fecaloide (fistole retto-vescicali)
Putrido (disfacimento materiale organico: neoplasie, coaguli)
Dolciastro/acre (diabete mellito, fermentazione alcolica)
Aromatico (acetonuria, ingestione asparagi)
Particolari (medicamenti: mentolo, eucaliptolo, valeriana, etc.)
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ESAME CHIMICO-FISICO:
Lo studio chimico delle componenti urinarie tradizionalmente studiate nella routine è oggi facilitato da metodiche standardizzate, sensibili ed accurate, con reattivi su striscia.
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STRISCE REATTIVE MULTIPLE:
A seconda dei prodotto usato, le STRISCE REATTIVE consentono di effettuare test per pH, peso specifico, glucosio, corpi chetonici (acido acetoacetico), sangue, proteine, bilirubina, urobilinogeno, nitriti e leucociti nell'urina.
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Le strisce possono essere lette visivamente, senza necessità di alcuna attrezzatura.
Per alcuni tipi di strisce si può anche eseguire una lettura strumentale, utilizzando un appropriato strumento.
Per ottenere risultati ottimali é necessario seguire un procedimento corretto, rispettando scrupolosamente i tempi di lettura.
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1) Prelevare una striscia dal flacone e riavvitare il coperchio.
2) Immergere completamente tutte le aree reattive nel campione e togliere immediatamente la striscia.
3) Battere leggermente il lato della striscia contro il bordo del contenitore per eliminare l'eccesso di urina.
4) Tenere la striscia in posizione orizzontale.
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Per la lettura visiva confrontare le aree reattive con le corrispondenti scale colorimetriche riportate sui flacone, ai tempi specificati.
Si otterrà la massima accuratezza solo se si osserveranno attentamente i tempi di lettura.
Le variazioni di colore che si verificano dopo 2 minuti non hanno alcun valore diagnostico.
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pH:
Negli adulti sani il pH urinario subisce ampie variazioni, tra 4,5 e 8,5.
Le urine della notte hanno generalmente il pH più acido della giornata (e ciò facilita il ritrovamento di cilindri, che si formano e si conservano più facilmente in ambiente acido, e di alcuni tipi di cristalli, come quelli di acido urico e di cistina).
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Un pH urinario alcalino è fisiologico dopo pasti a composizione mista.
La formazione di urine persistentemente acide, senza la fisiologica risalita postprandiale, probabilmente secondaria ad una diminuita produzione renale di ioni ammonio, con aumento dell'acidità titolabile, è frequente nei soggetti con calcolosi urica.
Si ritiene che quest'anomalia, che può essere responsabile di una condizione di sovra saturazione urinaria di acido urico anche con una uricuria in limiti fisiologici, sia spesso rilevante nella patogenesi di questa urolitiasi.
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Febbre, disidratazione, diarrea, ipo potassiemia, stati ipercatabolici e di acidosi, l'assunzione di alcuni farmaci (ad es. acido ascorbico, mandelamina, cloruro di ammonio) si associano alla formazione di urine acide.
La presenza di un pH persistentemente alcalino può essere legata a fattori alimentari (dieta vegetariana), alla assunzione di alcalinizzanti, a vomito profuso, ad alcalosi, alla presenza di infezioni urinarie da batteri produttori di ureasi (ad es Proteus e Pseudomonas), ad alcuni tipi di nefrite interstiziale cronica o di tubulopatie congenite o acquisite.
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Nella pratica laboratoristica non è raro però che l'alcalinità urinaria traduca una fermentazione, secondaria ad inquinamento o a cattiva conservazione.
Lo studio del pH urinario è di particolare interesse nella prevenzione di alcuni tipi di urolitiasi:
la precipitazione di acido urico indissociato e di cistina è favorita da un basso pH urinario.
In presenza di pH superiori a 7 sono facilitate la cristallizzazione del Ca3(PO4)2, CaCO3, dell'urato di sodio e della struvite (litiasi da infezione).
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TEST DA CARICO CON CLORURO D'AMMONIO:
Quando il pH ematico diminuisce, il pH urinario scende al di sotto di 5,5. La capacità renale di rispondere ad un carico acido può essere studiata somministrando per os un carico di cloruro d'ammonio (0,1g/Kg di peso corporeo) per uno-tre giorni.
Il test prolungato viene preferito quando sia richiesta una maggior precisione, e si desideri valutare la capacità di incremento nel tempo dell'escrezione di ammonio.
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Nel caso di una monodose, ogni due ore, tra due e otto ore dopo il carico si procede alla determinazione del pH urinario, alla misurazione dell'acidità titolabile, (termine con il quale si indicano i mEq di una base necessari per portare il pH delle urine al livello di quello del sangue (7,4)), che permette di valutare la quantità di idrogenioni legati ai fosfati e ad altri anioni, e dell'ammoniuria (che permette anche di valutare la quantità di idrogenioni legati all'ammonio).
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Nel soggetto normale il pH urinario scende già dopo le prime ore a valori inferiori a 5,5.
In caso di test protratto, l’ammoniuria aumenta progressivamente, sino a tre-cinque volte rispetto alle condizioni basali, dopo tre-cinque giorni di carico.
Il test è indicato nello studio delle acidosi tubulari (nella forma di tipo I il pH urinario non scende al di sotto di 5,5 nonostante un peggioramento dell'acidosi; in quella di tipo II invece il pH scende al sotto di 5,5) mentre non trova impiego nello studio di routine dell'insufficienza renale cronica.
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In questa condizione si mantiene in effetti a lungo una normale capacità di formare urine acide; i valori di acidità titolabile e di escrezione di ammonio sono ridotti in termini assoluti ma, se li si corregge per i valori del filtrato glomerulare, risultano normali o accresciuti.
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DENSITA' , PESO SPECIFICO, OSMOLALITA' URINARIA:
Nel soggetto sano la formazione di urine concentrate o diluite è in stretto rapporto con lo stato di idratazione.
Nel corso di molte nefropatie acute e croniche la capacità di concentrare le urine può venire compromessa: in generale, questa si mantiene normale sino ad una riduzione del filtrato a circa il 70% della norma.
Tra il 70 ed il 50% la riduzione diviene via via più netta e fino a raggiungere un’isostenuria.
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Talora la compromissione è precoce rispetto a quella del filtrato: questo si verifica particolarmente nelle nefriti interstiziali, nell'ipopotassiemia e nell'ipercalcemia.
Oltreché nello studio funzionale del rene, la determinazione della densità urinaria riveste un notevole interesse in svariate circostanze, come quando, nella prevenzione della nefrolitiasi, si voglia controllare l'aderenza alla terapia idropinica.
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Per valutare la capacità del rene a formare urine concentrate si può esaminare un campione di urina del mattino, che abitualmente ha un'elevata densità.
Una bassa densità di questo campione può essere casuale; se il reperto si ripete, devono essere prese in considerazione le abitudini alimentari del paziente, un'eliminazione notturna di edemi e l'assunzione di diuretici; una ridotta capacità renale a concentrare può essere documentata con precisione facendo ricorso alla "prova della concentrazione".
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Questa prevede la somministrazione di un pasto asciutto alla sera, senza alcuna introduzione di liquidi durante la notte successiva: tutte le urine emesse durante la notte sono gettate, e lo studio viene eseguito su di un campione della prima minzione del mattino seguente.
Il test è sconsigliato in presenza di insufficienza renale.
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Alternativa alla soppressione dell'apporto di liquidi può essere la somministrazione, endonasale o intramuscolo, di vasopressina, cui consegue rapidamente (entro due-quattro ore) una risposta massimale, paragonabile a quella che si ottiene dopo 12 ore di privazione di liquidi.
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La valutazione laboratoristica può essere effettuata con la misurazione della densità o peso specifico, dell'osmolalità, della forza ionica o della refrattometria.
Sono indici collegati, nel senso che i loro valori aumentano con la concentrazione dei soluti, ma le loro variazioni non sono necessariamente proporzionali, in quanto i soluti molecolari e ionici li influenzano in maniera differente.
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DENSITA' o PESO SPECIFICO:
E’ definita come la massa o il peso di un dato volume di una soluzione, rapportato alla massa o al peso di un uguale volume di acqua distillata, cui si attribuisce il valore 1000, ad una certa temperatura, in genere 20°.
L'ultrafiltrato plasmatico è 0,8-1% più pesante dell'acqua e quindi ha densità o peso specifico di 1008-1010.
Il valore della densità o peso specifico dipende dal numero e soprattutto dal peso delle particelle disciolte.
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In condizioni normali la densità o peso specifico delle urine varia tra 1002 e 1035.
Valori superiori a 1025 sono considerati come espressione di una normale capacità del rene a concentrare.
La presenza di valori inferiori a 1007 è definita ipostenuria.
Quella di urine con peso specifico fisso intorno a 1010 (che si riteneva fosse quello del filtrato glomerulare) è definita isostenuria.
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La lettura viene eseguita immergendo un "urinometro", in genere graduato tra 1000 e 1050, in un tubo di vetro ripieno di urina (in genere si impiega un cilindro che richiede almeno 50 ml per un libero galleggiamento dell'urinometro), ed osservando il dato della scala corrispondente al menisco di galleggiamento.
L'urinometro riporta la temperatura di riferimento; valori maggiori o minori richiedono una correzione di 0,001 in più o in meno ogni tre gradi in più o in meno rispetto alla temperatura indicata.
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Glucosio e proteine influenzano nettamente i risultati: si richiede quindi la sottrazione di 0,003 per grammo % di proteine e di 0,004 per ogni grammo % di glucosio eventualmente presenti.
Anche i mezzi iodati di contrasto e la carbenicillina a pieno dosaggio aumentano abnormemente il peso specifico urinario.
L'indaginosità del metodo e il fatto che il peso specifico offra una valutazione meno valida di quella dell'osmolalità, hanno portando molti laboratori ad abbandonare questo tipo di determinazione.
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OSMOLALITA':
E’ la misura del numero di particelle disciolte in una soluzione. E’ considerata come indice più fedele della capacità renale di concentrare le urine di quanto non sia il peso specifico. Per questo motivo è ora utilizzata preferenzialmente, specie negli studi che esigono determinazioni più accurate.
Principio della determinazione è che una osmole di un soluto diminuisce il punto di congelamento di un Kg di acqua di 1,858° C.
Le tecniche di congelamento con operazioni manuali avevano a lungo impedita la diffusione di queste misurazioni, ora invece affidate a strumenti automatici di grande affidabilità (osmometri).
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L'osmolalità del plasma è di circa 285 mosmol/kg. Reni sani sono capaci di produrre urine con osmolalità variabile tra 40-100 e 900-1400 mosmol/kg.
Nel soggetto sano l'osmolalità urinaria correla abbastanza bene con il peso specifico urinario, che in queste condizioni dipende soprattutto dal contenuto in sodio, potassio, urea ed ammoniaca; non altrettanto avviene nel corso delle nefropatie, soprattutto in quelle associate a proteinuria e glicosuria, che influenzano meno l'osmolalità.
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INDICE REFRATTOMETRICO:
L'indice refrattometrico paragona la velocità di passaggio della luce attraverso l'aria e la soluzione in esame.
Il percorso della luce è deviato quando essa entra in una soluzione, ed il grado di deviazione o refrazione è proporzionale alla densità della soluzione.
Nel caso delle urine, l'indice refrattometrico è influenzato dal loro contenuto in soluti.
Per quanto i suoi valori siano in genere inferiori di qualche unità, vi è una buona corrispondenza tra questo indice ed il peso specifico.
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Anche per questo indice si richiede una correzione in presenza di elevate quantità di glucosio o di proteine.
Esistono attualmente refrattometri capaci di ottime prestazioni; il loro impiego è facilitato dal fatto che richiedono solo una goccia di urina e sono di lettura rapida.
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FORZA IONICA (strisce reattive):
Da qualche tempo sono stati introdotti in commercio alcuni tipi di strisce reagenti che modificano il proprio colore a seconda della forza ionica urinaria, e sono calibrate in termini di peso specifico.
Il principio è il seguente: tanto maggiore è la concentrazione ionica dell'urina, tanto maggiore è la dissociazione che si determina nei gruppi acidi presenti nel reagente e tanto maggiore è la variazione del pH, letta da un indicatore che si trova nell'area di reazione.
La sensibilità della metodica è sufficientemente approssimata per le normali necessità cliniche.
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GLUCOSIO:
Come l'albumina, nel soggetto normale, anche il glucosio viene escreto in piccole quantità, che peraltro sono inferiori al livello minimo di sensibilità delle indagini di routine.
Una glicosuria compare quando la glicemia supera il cosiddetto valore soglia (v.n. 160-180 mg/dl), e il carico filtrato è superiore alla capacità di riassorbimento massimo tubulare.
Nelle glicosurie renali il valore soglia è ridotto, per cui è presente una glicosuria normoglicemica.
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La determinazione con strisce reattive si basa su una reazione sequenziale:
1) glucosio + ossigeno -> azione della glucosio ossidasi -> acido gluconico + perossido di idrogeno;
2) perossido di idrogeno + cromogeno -> cromogeno ossidato + acqua.
Nelle differenti cartine sono impiegati differenti tipi di cromogeni.
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Il test è specifico per il glucosio.
La sensibilità dell' N-Multistix è di 100mg/dl;
quella del Chemistrip di 40mg/dl.
Falsi negativi possono essere legati alla presenza di importanti quantità di acido ascorbico, o di un pH urinario alcalino con elevata densità urinaria, quando la glicosuria sia di modesta entità.
Data la specificità delle strisce reattive per il glucosio, il loro impiego non consente di mettere in evidenza altri zuccheri, come il fruttosio, il lattosio ed il galattosio, e quindi esse non si prestano allo screening di errori del metabolismo, particolarmente importanti in età pediatrica.
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In queste condizioni, nell'esame delle urine dovrebbero essere impiegati anche altri reattivi, come ad es. il Clinitest, sistema a tavolette basato sulla classica reazione di Benedict, che permette una valutazione quantitativa, e reagisce con sostanze riducenti di vario tipo: glucosio, galattosio, fruttosio, lattosio, maltosio, pentosi, acido omogentisico (alcaptonuria).
Tra i farmaci una falsa positività può essere causata dall'acido nalidixico.
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CORPI CHETONICI:
Con questo termine si indicano in genere l'acetone, l'acido aceto-acetico ed l'acido beta-idrossi-butirrico. Nelle urine del soggetto sano essi non sono in genere evidenziabili in condizioni normali, ma possono comparire nel digiuno protratto.
E' frequente la loro presenza nei bambini, durante episodi febbrili, con interruzione dell'alimentazione e/o vomito.
La presenza di chetonuria è anche indicativa di un'acidosi secondaria ad alterazioni del metabolismo glicidico, come nel diabete scompensato.
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I test di routine utilizzano in genere il principio che il nitroprussiato di sodio, in determinati ambienti chimici (presenza di glicina, di solfato di ammonio, di idrossido di ammonio, etc), si lega all'acido acetoacetico ed all'acetone con comparsa di una colorazione rosso porpora (Acetest; Test di Rothera).
Una reazione colorata avviene anche con il legame tra l'acido acetacetico e il cloruro ferrico (Test di Gerhardt).
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Le cartine del commercio (come ad es. quelle N-Multistix che contengono nell'area reattiva specifica del nitro-prussiato di sodio), che nella routine hanno praticamente soppiantato le altre metodiche, sfruttano queste reazioni e sono molto sensibili all'acido aceto-acetico (5-10 mg%), poco o nulla all'acetone ed all'acido beta-idrossi-butirrico.
False reazioni positive possono comparire in presenza di bromo-sulftaleina, di fenol-sulfon-ftaleina o di metaboliti dell’L_dopa (anti parkinsoniani). False positività in traccia sono talora rilevabili in urine molto concentrate.
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BILIRUBINA:
Non la si mette in evidenza nelle urine del soggetto normale; in presenza di una aumentata quota ematica di bilirubina coniugata idrosolubile (la bilirubina non coniugata non ha invece un'eliminazione renale), può verificarsi un'eliminazione urinaria ancor prima della comparsa dell'ittero.
Quando sia presente in quantità elevate, le urine acquistano un colore giallo-bruno, e gli elementi del sedimento (cellule nucleate, eventuali cilindri) un colore giallostro.
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Nella routine la si ricerca abitualmente con le strisce reattive del commercio, che in genere utilizzano un sale di diazonio (nel caso del Multistix il 2,4 dicloroanilina diazonio, in mezzo fortemente acido):
in presenza di bilirubina compare, in 30-60 secondi, una colorazione porpora, di intensità proporzionale alla concentrazione della bilirubina.
La cloropromazina può causare false positività.
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UROBILINOGENO:
Vengono comunemente indicati con questo termine alcuni composti (urobilinogeno, stercobilingeno, mesobilirubinogeno), secreti dal fegato nell'intestino e che vanno incontro ad un'ossidazione batterica.
Una piccola quota di questi prodotti è riassorbita ed eliminata con le urine: nell'adulto normale questa eliminazione è tra 0,5 e 2,5 mg/24 ore.
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Elevate quantità di urobilinogeno compaiono nelle urine qualora vi sia un danno epatocellulare, o un'aumentata produzione, come in malattie emolitiche.
In presenza di un'ostruzione biliare l'urobilinogeno è assente, o presente in piccole quantità (mentre è positiva la ricerca della bilirubinuria).
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La reazione utilizzata nelle strisce Multistix si basa sul principio che la p-dimetil-amino-benzaldeide reagisce in ambiente acido con l'urobilinogeno per produrre una colorazione bruno arancio.
Altre strisce (Chemistrip) usano il 4-metossi-benzo-diazonio-tetra-fluoro-borato.
Formalina e nitriti riducono la sensibilità del test.
Poiché l'urobilinogeno è molto instabile nelle urine, l'esame dovrebbe essere fatto su urine appena emesse.
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EMOGLOBINA :
La ricerca delle emazie con il microscopio è, in genere, complementare a quella chimica dell'emoglobina, che in genere proviene dalla lisi di emazie presenti nelle urine.
Solo raramente si tratta invece di emoglobina liberata da un'emolisi intravascolare:
in questo caso un'intensa positività, con urine fortemente pigmentate, è dissociata dalla presenza di emazie nel sedimento.
La mioglobinuria dà una positività identica a quella dell'emoglobina.
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Nella routine questa ricerca è ora interamente affidata a strisce reattive che sfruttano una reazione simil perossidasica, che catalizza la reazione ossidata di un colorante.
Le più moderne dispongono di agenti capaci di lisare almeno parte degli eritrociti con i quali vengono a contatto.
Il test è molto sensibile ed è capace di mettere in evidenza 0,015 - 0,045 mg % di emoglobina libera o di 5-20 emazie per microlitro.
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In strisce reattive di più recente introduzione, una colorazione diffusa indica la presenza di emoglobina, e una risposta puntiforme di emazie intatte. Emazie che possano aver resistito all'emolisante presente sulla cartina (ciò si verifica talora in microematurie di modesta entità) non sono tuttavia evidenziate dal test.
False reazioni positive si verificano in presenza di agenti ossidanti (come l'ipoclorito e altre sostanze usate come detergenti) o di infezioni da germi produttori di perossidasi.
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La sensibilità è ridotta se vi è una proteinuria massiva o una densità urinaria elevata.
Con alcune strisce reattive si possono osservare reazioni falsamente negative in presenza di elevate concentrazioni urinarie di acido ascorbico o di formalina; altre, di più recente introduzione, che si valgono di una retina iodata ossidante, hanno eliminata questa interferenza.
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PROTEINE:
Nella routine questa metodica è ora stata quasi completamente sostituita dalla determinazione semiquantitativa con strisce reattive, contenenti blu di tetrabromofenolo e un tampone.
Questo reattivo è particolarmente sensibile all'albumina, e le strisce sono in genere capaci di metterne in evidenza la presenza a partire da 5-20 mg/dl.
Estremamente scarsa è invece la sensibilità alle globuline ed alle catene leggere, e per questo motivo le strisce reattive non si prestano allo screening delle proteine di Bence-Jones.
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La quantità di proteine che, in condizioni fisiologiche, attraversa la barriera glomerulare umana è ancora oggetto di discussione: secondo alcune valutazioni, in gran parte estrapolate da studi sull'animale, l'ultrafiltrato glomerulare potrebbe contenere da 180 mg a 2 g/die di albumina e non trascurabili quantitativi, per i quali non sono al momento disponibili precise misurazioni dirette, di proteine a basso peso molecolare: microglobuline di vario tipo (Citocromo C, ß2 Microglobulina, lisozima, proteina legante il retinolo), catene leggere e peptidi, tra cui alcuni ormoni (paratormone, glucagone, insulina).
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Alcuni peptidi sono direttamente idrolizzati a livello del brush border delle cellule tubulari; albumina, altri peptidi, catene leggere e microproteine sono riassorbiti dalle cellule tubulari.
Per alcune di queste microglobuline il rene è il principale sito catabolico.
Numerose patologie tubulari possono compromettere questi processi di riassorbimento, e compaiono allora nelle urine proteine intatte o ne aumenta il contenuto percentuale.
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Un fenomeno analogo, ma dovuto al superamento della normale capacità massimale di riassorbimento tubulare, può essere secondario a fattori emodinamici intraglomerulari capaci di aumentare il quantitativo di proteine filtrate, o ad un aumento del quantitativo di una o più proteine filtrate.
Quest'ultima situazione si verifica ad es. dopo un'infusione rapida di albumina o quando vi sia una liberazione di quantità elevate di emoglobina, o una iperproduzione di catene leggere.
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Nell'urina del soggetto sano sono eliminati 50-150 mg di proteine nelle 24 ore; negli adolescenti si possono raggiungere 300 mg/24 ore.
Circa il 40% di queste è rappresentato da albumina.
Circa il 40% é costituita da proteine e muco proteine di origine tissutale, provenienti dall'apparto uropoietico.
Un 15% da immunoglobuline.
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NITRITI:
Circa il 90 % dei microorganismi responsabili delle infezioni urinarie sono capaci di ridurre i nitrati urinari in nitriti, e la loro presenza viene quindi considerata come indizio di batteriuria.
Strisce reattive consentono attualmente di identificarne la presenza.
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Le strisce del commercio sfruttano la reazione di Griess (i nitriti reagiscono con l'acido pararsanilico in ambiente acido, a formare un diazonio che si lega all'1,2,3,4,-tetrai-drobenzo-chinolino-3-ol, producendo una colorazione rosa, che non è quantitativa, in quanto ogni sua gradazione deve essere considerata come positiva).
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Numerosi fattori possono causare falsi negativi:
perché si verifichi la conversione di una quantità di nitrati in nitriti sufficienti ad essere svelati dal test, è necessario che le urine infette restino in vescica almeno 4-6 ore.
Gli enterococchi non formano nitriti; il comportamento dello stafilococco Albus è variabile.
Un'intensa ematuria può ostacolare la lettura del test.
Falsi negativi sono stati ritrovati nel 10-15% dei casi.
La presenza di acido ascorbico può causare falsi negativi.
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Reazioni false positive sono abbastanza rare.
Falsi positivi possono essere causati da un'inadeguata conservazione del campione da esaminare: se le urine sono state esaminate immediatamente dopo la loro emissione, una positività del test è virtualmente diagnostica di una batteriuria significativa, che naturalmente dovrà essere confermata con un conteggio e l'identificazione del germe in causa.
Una negatività, specie in presenza di segni clinici di infezione, non è invece affatto sufficiente ad escludere una batteriuria.
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ESTERASI LEUCOCITARIE:
La presenza di un numero significativo di leucociti nelle urine può essere indicativa di una infezione o infiammazione delle vie urinarie.
Nei granuli dei granulociti neutrofili vi è una elevata concentrazione di esterasi leucocitarie che possono essere rilasciate nelle urine.
Con una reazione chimica queste esterasi liberano un estere per formare un composto pirrolico che reagisce con un diazoreagente sviluppando un colore di intensità proporzionale alla concentrazione delle esterasi.